Molto interessanti sono le manifestazioni di cultura familiare e tradizione sociale che si riscontrano ancora oggi, soprattutto nel meridione, in alcuni atteggiamenti particolari. Varie espressioni di questo tipo sono legate a delle eredità di un patrimonio etnico più o meno popolare, derivato da mentalità di epoche ormai passate. Diversi aspetti di tale patrimonio, ed in particolare quelli che esprimevano una certa saggezza e dei principi considerati fondamentali nel passato, vanno purtroppo perdendosi, mentre si tendono a rivalutare, per le loro possibilità economiche, alcune manifestazioni esteriori e folkloristiche, capaci di attirare il turismo. Forme di superstizione strane e perfino buffe, che ancora si mantengono negli anni, ed una quantità enorme di proverbi nati dalla saggezza popolare nascondono, sotto la loro apparenza più o meno insignificante, delle interessanti modalità di comportamento le quali, con i loro valori morali e sociali intrinseci, potrebbero rivelarci dei modi di intendere la vita da parte di popoli o di ambienti particolari. Tali espressioni, tramandate di padre in figlio, hanno avuto un forte peso nella formazione delle caratteristiche che ora rendono questi gruppi sociali uniti per alcuni aspetti, e per questo originali all'interno della collettività. Porre attenzione a questi modi di pensare, e a queste forme di espressione, può contribuire alla formazione della persona: spesso il modo con cui essa riesce a inserirle nella sua visione del mondo, rivela la capacità di critica personale ed allo stesso tempo la disponibilità ad accettare le idee di altri individui e di altri tempi.
Queste tradizioni, in sostanza, danno la possibilità a chi ha acquisito una sufficiente maturità, di entrare a contatto con valori appartenenti ad epoche diverse, andando al di là di forme puramente esteriori. È importante quindi saper accettare dei modi di esprimersi molto differenti da quelli della nostra società, ma è ancora più importante saperli sottoporre ad una critica positiva, volta cioè ad imparare qualcosa di nuovo e a sfruttare le esperienze di momenti storici passati, che in tali tradizioni si concretizzano.
Tante forme di superstizione o magia hanno perso oggi il loro valore, ma tuttavia esse trovano spiegazione in un'altra epoca: se, per esempio, si dice che far cadere il sale in terra è fonte di grande sventura, questa credenza appare evidente in una società in cui il sale valeva moltissimo ed era considerato una delle merci più preziose, per i suoi alti costi di estrazione. Anche se oggi tutto ciò non è più valido, resta comunque la superstizione perché, come si osservava prima, non si è tenuto conto del contenuto, ma si è trasmessa solo la forma esteriore delle cose: infatti, non si ricorda tanto il messaggio di stare attenti a non disperdere o sprecare le cose che hanno un certo valore, quanto l'idea di fare attenzione a non far cadere il sale in terra. Così, tante forme che esprimevano saggezza popolare sono state rese col tempo insensate ed ora sono solo segno di una stupida superstizione. Tante forme magiche di questo tipo, poi, esprimono a volte la ricerca spontanea di una religiosità che fa parte della natura dell'uomo; cosicché chi non ha solide convinzioni personali, trova sfogo in espressioni magiche o misteriose come le superstizioni le quali divengono, però, solo un adeguarsi a dei luoghi comuni, senza alcuna traccia di ragionamento o di critica personale.
..."Il Fosso è ancora un posto poco praticabile e misterioso, pieno di angiporti e lavinelle, catoi bui dove regna la notte anche di giorno e porte eternamente sprangate dietro le quali, assicurano le storie plutoniche, esiste un genius loci, un nume tutelare della casa che è l'irascibile boganiello, dal rosso berretto a punta. Chi riusciva a strappare ad uno di questi: folletto, coboldo o elfo che sia, l'inseparabile berretto, impresa non certo facile, avrebbe ricevuto in cambio i tesori che egli custodisce da qualche parte lì vicino.
In uno dei catoi, dove il vicolo si fa più angusto e scuro, si trova uno dei tanti "caracori" esistenti a Paola. Nei "caracori", che sono delle buche profonde, si trovano nascoste le "trovature", i favolosi tesori guardati a vista da qualche diavolo. Nel Fosso addirittura vi sono due trovature, una libera e un'altra vincolata da una formula chiave che nessuno conosce. Quella vincolata custodisce la leggendaria chioccia d'oro con dodici pulcini pure d'oro guardata dal "Bruttabestia" in persona che è il capo di tutti i diavoli locali. La buca libera è coperta per metà d'acqua e nel fondo dicono che vi siano nascosti i tesori che i saraceni non riuscirono a trovare nel saccheggio di Paola.
C'è poi quella della Porta del fiume, ai piedi del castello, di cui ho già parlato, tutta piena di escrementi, almeno alla superficie, ma non è dato di sapere ancora quello che contiene il fondo. Alcuni assicurano che vi siano nascosti i bottini fatti dai briganti al Varco delle "Chianche", località presso il Passo della Crocetta, dove avvenivano gli assalti alle corriere che andavano e venivano da Cosenza. La sera questi briganti tornavano però a dormire a casa come onesti lavoratori e nel "caracoro" depositavano il frutto dei loro bottini.
Lassù in montagna non vi erano che ladruncoli, grassatori, quindi il contenuto di quest'ultimo "caracoro" non deve essere gran cosa. Racconta infatti Padula un assalto di questi briganti: "...gli escono innanzi due persone, l'uno aveva un fucile rugginoso, l'altro un'accetta; gli si accostano e gli rubano dieci rotoli di confetti, nove di piombo, tre paia di scarpe nuove ed una libbra di semi di cavolo-verza! Questo fatto da un'idea di ciò che furono i briganti del circondario di Paola". (Bruzio, anno II n. 14, 11 maggio 1865). Paggiotto, che aveva come soprannome quello di un personaggio del presepe napoletano, si può dire che vivesse da sempre nel Fosso e vi continuò a vivere anche dopo sposato, nella segreta speranza di entrare in possesso della più ambita delle "trovature" e quantomeno di poter barattare uno dei tesori più modesti con il berretto di un "boganiello". Non si era mai voluto allontanare da quel posto, malgrado le preghiere della moglie e della figlia. Anche gli amici che avevano già da tempo abbandonato quelle case gli dicevano di andar via da quel posto di magare. Egli aveva respirato quel clima magico sin da bambino, era vissuto con queste entità misteriose da aspettarsi ormai un segno tangibile della loro simpatia. Invece un brutto giorno seppe che questi esseri beffardi gli avevano preferito don Nicola Ricco, ricco di nome e di fatto. Fu lui infatti a "trovare" la chioccia d'oro e non si sa con quale patto o pratica negromantica col "Bruttabestia".
La pipetta di creta gli saltellava in bocca mentre raccontava la sua disperazione agli amici riuniti all'osteria di don Vincenzo, davanti ad una bottiglia di guarnaccio.
- Capite? Si può dire che ci parlavo con "loro". Salutavo ogni ombra che mi passava davanti e "loro" mi hanno tradito per quel gran cornuto copiacorna.
- Io alle trovature non ci credo, azzardò il Tipo.
- Ah, non ci credi? rispose Occhio di lepre. - E come spieghi l'improvvisa ricchezza di tanta gente spiantata?
- Forse qualcuno aveva fatto il brigante al Varco delle Chianche - disse Santo - Io però alle trovature ci credo. I vecchi raccontano che la famiglia di don Lionardo Stano si era comprata mezza Paola proprio con una "trovatura".
- Ah, tu credi alla storia del bambinello tutto d'oro?
- Si, proprio il bambinello d'oro. Una sera gli Stano stavano sul balcone a prendere il fresco, quando videro luccicare qualcosa al lume della luna, in un buco del torrione proprio dove hanno il nido le ciavule.
Andarono e vi scoprirono la "trovatura": la statua d'oro di un bambinello che era un'opera di orefici antichi, roba artistica e di grande valore. - E poi che ci fecero con quel bambinello? - Lo squagliarono e lo vendettero a peso.
- Per San Francesco ... Ma non potevano venderlo così com'era? Glielo avrebbero pagato di più.
- Stai zitto tu che non capisci e giudichi le cose ad occhio di porco. Quelli son signori. E ti pare che non si sono consigliati. Quelli conoscono l'italiano e tu no. Sapevano che venduto così, le autorità li avrebbero denunciati.
- Raccontava Tata che don Ciccio Fanella si fece la casa qui di fronte con una trovatura rinvenuta sulla Lamia. Era guardata da una capra con gli occhi di fiamma. Dovette portare una certa notte un'ostia consacrata che dette a mangiare a questa capra che era il Bruttabestia. Così aveva sognato e così aveva fatto e trovò una pentola di ducati d'oro.
- Eh già, sempre a loro capitano le fortune. La carne va sempre con l'osso. Non hanno la nostra malasorte che ci caca addosso tutte le miserie del mondo.
- Su, su, consolatevi con questo vino di Donnici che oggi non vi faccio pagare, disse don Vincenzo, che tenero com'era, non poteva veder soffrire i suoi clienti.
- Ecco la nostra "trovatura" - concluse Occhio di lepre preparando il bicchiere.
- Prosit - dissero in coro. E bevvero alla faccia della malasorte, alla faccia di don Ricco e di tutti i fottuti figli di cento padri come lui.
Da: " La porta del Fiume" di Rosario Manes.
- A donna i l'acqua:
in paese si racconta una vecchia storia. Nei torrenti, abitava a "Ronna i l'Acqua" (Donna dell'Acqua), che era gigantesca, con un grosso velo bianco, addirittura aveva la possibilità di camminare a cavallo sulle due sponde del fiume, questa, nelle notti particolarmente buie usciva dalla sua casa e camminava lungo i fiumi. Molti giurano di averla vista, ed impauriti si rinchiudevano in casa. Ancora oggi pare che la paura non sia scemata e chi vive da quelle parti cerca di far ritorno a casa, prima di sera.
-'U Boganiddu, -'I Magari, -l'Urcu ecc.
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