Le fontane
di Giovanni Panaro
Il secolo XVI fu senz'altro il periodo d'oro per Paola, grazie specialmente a S. Francesco, i cui fedeli e devoti provenivano da ogni parte della Calabria. Per questo motivo, si ebbe un incremento urbanistico notevole per quei tempi. La città, espandendosi, venne abbellita nei palazzi, nelle strade e nelle fontane. In poco meno di un secolo, si delineò una febbrile attività edilizia ed artistica.
Gli scalpellini locali, maestri nella lavorazione della pietra, furono artefici di singolari lavori. E' possibile ammirare la loro bravura, ancora oggi, guardando i portali delle chiese, i numerosi palazzi e le artistiche fontane. Dalla fine del 1500, a percorrere le strade di Paola, alla volta del Santuario, sono, primi fra tutti, mercanti e viandanti.
Nei secoli successivi vi furono visitatori inglesi e, non ultimi, gli stessi sovrani di Napoli. Queste schiere di pellegrini, nel percorrere le vie cittadine, si soffermavano a dissetarsi alle diverse fonti offerte dalla città. Salendo dalla marina, una prima fonte era quella costituita da due protomi e una vasca ovale, ancora oggi esistente. Dopo un breve tratto di strada in salita, si giungeva alla porta principale della città. Oltrepassata la stessa, un grande scenario si parava dinanzi agli occhi dei forestieri: un'altra fonte, scolpita interamente in pietra arenaria, conosciuta col nome de "la fontana del Pisciarieddi", costituita da due vasche sovrastanti, la quale ricorda da vicino le fontane romane. Fino a qualche anno fa il monumento era circondato da una balaustra ad un angolo della quale era incisa la data 1737. Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che quella scritta rappresenti l'anno di costruzione, ma ciò non è vero poiché della fontana si parlava già nei secoli precedenti. Oggi la balaustra non esiste più perché è stata scalzata, come pure la statua posta sulla sommità.
Le due vasche asimmetriche si presentano abbastanza lavorate. L'acqua, che sale per effetto della pressione, fuoriesce dalla sommità in zampilli. Lo stesso avviene dalla bocca dei quattro protomi, collocati lateralmente rispetto alla vasca superiore. Anche la vasca sottostante è provvista di altrettanti protomi da cui fuoriesce acqua. Attorno a quest'ultima, che funge anche da base, si notano infine sculture che rappresentano il pavone e la croce, antichi stemmi della città. Il tutto è inquadrato in uno scenario abbastanza singolare. Percorrendo la strada a sinistra, poche decine di metri ancora, ci si trova dinanzi una terza fonte. Ai piedi di una lunga scalinata, troneggia un capolavoro di maestria locale. Siamo di fronte alla monumentale fontana conosciuta col nome di "sette canali": attorno ad un vasto spazio, essa si apre come un ventaglio in tutta la sua bellezza. Per secoli ha rappresentato, insieme alle altre fontane, un punto di incontro per i cittadini dei quartieri bassi. Alle sue acque hanno attinto per moltissimo tempo gli abitanti del posto, allietando al contempo gli assetati forestieri, grazie alla magnifica visione che essa offriva.
La fontana è formata da due braccia, lungo le cui pareti si notano sette riquadri. L'acqua che fuoriesce dai setti protomi che la costituiscono, è raccolta da un canale che termina in una vasca semi circolare. Dalla base di quest'ultima si erge il maschio, costituito da due blondoni laterali. Esso reca, nella parte superiore, due colonnine. Sulla stessa sommità, rispettivamente a destra e a sinistra, sono posti due scudi di pietra. Nel centro, infine, lo scudone centrale che simboleggia il pavone. La fontana in tutta la sua lunghezza superiore, si incastona in un lavorato cornicione.
Le prime notizie circa l'esistenza di questa fontana, reca la data 6 Marzo 1563. In una lettera scritta dal marchese di Fuscaldo, Salvatore Spinelli, viene citata la nostra fontana. Con questa lettera, inviata al re di Napoli, il marchese si offriva come acquirente del feudo, a quel tempo appartenente a donna Francesca Spinelli, duchessa di Castrovillari. Descrivendo la realtà del feudo che intende acquistare, il marchese ad un certo punto scrive che: "... ci è acqua assai bona, e commoda, e precipuè dentro la terra una fontana grande con dudeci buche; ecc.". La descrizione fatta dal marchese ci lascia un pò dubbiosi, poiché parla non di sette ma di dodici canali. Dunque dodici protomi sgorganti acqua. Se questo è vero, dobbiamo supporre che la fontana in origine possa essere stata costruita con dodici canali e non con sette: dunque mancherebbe di un braccio. La spaziosità della stessa, può essere ritenuta, insieme a quella dei "Pisciarieddi", unica in tutta la Calabria.
Altra narrazione è del 1665. Nel descrivere la città e la storia del regno di Napoli, un autore ignoto, descrivendo Paola e annotando con estrema attenzione la bellezza del luogo, rimane stupito dalle artistiche fontane: Scrive infatti che: "... sorgono dentro la città più fonti, che con vari delitiosissimi artifici buttano abbondandissima copia di freschissima acqua". Si arriva così al 1693. Nel corso di quell'anno un abate, in viaggio per la Calabria, dà notizie di Paola, mostrando particolare simpatia; riconoscente per la calda accoglienza avuta nel castello, dai Signori del luogo, annota nei suoi scritti la visita fatta alla città. Scrive tra l'altro che:
"... a sinistra in capo della via larga palazzata in un altra fontana, con l'Epitafio al muro dell'erudita Musa del P. Orsi: scende poi per un canale aperto e comodo alle case, massimamente al Collegio, qui fondato, e polito con due brecce di Camere, e loggia in vista di mare, acqua fluida al Refettorio, ecc.".
Questa bella fontana in pratica, venne conosciuta da tutti coloro che passavano per Paola. La stessa fu tenuta talmente in considerazione, da far sì che le venisse dedicata una chiesa. Appena sopra la fontana, per l'appunto, fu costruita questa chiesa, denominata di "Bellorofondis" o della bella fonte, da tempo distrutta e ricordata solo nella toponomastica locale. Altre descrizioni saranno fissate da successivi visitatori. Lo scrittore George Gissing fu uno degli ultimi visitatori inglesi a raccogliere le fresche emozioni del paesaggio romantico paolano. Nel 1897, in seguito al suo viaggio a Paola, nel parlare della città, ricorda così la fontana: "Per un'ora passeggiai nell'unica strada del paese, molto pittoresca e ricca di colore, con irruenti fontane a cui le donne attingevano l'acqua in brocche ed orci di un'antica bellezza".
Essa suscitò un interesse così alto, per la sua suggestiva bellezza, da essere annotata da numerosi storici, interessati nella ricerca dei monumenti di maggior rilievo dei paesi della Calabria.
Le monumentali fontane costruite a Paola, non furono le sole. Altre furono realizzate in punti diversi. Sebbene di dimensioni più modeste, queste rispecchiavano esigenze ben precise: l'utilità per gli usi civici; l'esigenza di fornire l'immagine di una città ben servita. A tal proposito, ricordiamo la fontana a ridosso della via Duomo, un tempo più artistica e ancor oggi funzionante e quella, altrettanto antica, sita in via Pietra Bianca. Quest'ultima fu costruita non a caso alla fine della città, dalla parte delle montagne. Scopo principale era quello di servire tutti coloro che si recavano o lasciavano Paola per i monti. Questa fontana, costituita da due canali e da una lunga vasca, era conosciuta con il nome di "funtaneddà". Costruita attorno al 1600, funzionò fino a quando, circa trent'anni fa, il Comune decise di sostituirla con un altra di cemento, a pochi metri di distanza. Dopo secoli di storia, oggi è semidistrutta.
In tempi più recenti, un'altra fontana, fusa in ghisa, fece bella mostra di sé in Piazza Cancello. Successivamente si pensò di spostarla nella piazzetta costruita affianco della statua di S. Francesco bianco (salendo la medesima via,). Pochi anni fa, essa è stata collocata nuovamente nella sede originaria, in quella che oggi è chiamata Piazza Gustavo Pizzini. Nella strada che salendo porta al Santuario esisteva un'altra fonte, da tempo scomparsa, che i viandanti dovevano trovare comoda dal momento che essa permetteva di dissetarsi alla fine di una lunga salita. La fonte, nel nuovo tracciato della via, andò in disuso per poi scomparire. Oggi, a cinque secoli dalla nascita delle prime fontane, buona dell'interesse artistico mostrato dai numerosi turisti che visitano Paola si focalizza ancora su di esse.
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